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Memorie cellulari ed evoluzione parte 2

Nella prima parte abbiamo acquisito il concetto di memoria cellulare, come programma speciale attivabile da uno stimolo bersaglio ben preciso.


Esempio per un topo lo stimolo è il gatto=paura e azione corrispondente per cercare di salvarsi.


Anche in questo caso la risposta sarà del tipo: attacco o fuga.

Vediamo un po’ come possono essersi sviluppate queste memorie e come potrebbero essere trasmesse.



Le memorie sono l’insieme di tutte le esperienze affrontate dalla specie; tutte le situazioni drammatiche e quell’insieme di problemi che una volta o l’altra hanno messo in difficoltà la vita degli individui.

Queste risposte sono state memorizzate ed inserite nelle cellule, in seguito sono state tramandate a tutti i discendenti della stessa specie, o forse anche alle altre, non siamo in grado di provarlo.

Il concetto stesso di ‘memoria’ nasce dall’esigenza di spiegare certi fenomeni riscontrabili e a cui è possibile mettere mano: non esiste una dimostrazione ‘scientifica’, questo non toglie che esistano le ipotesi scientifiche suffragate da prove empiriche.

Si ipotizza che le memorie di un essere umano siano divise in quelle relative al funzionamento metabolico e a quelle dedicate alle esperienze familiari.

Qualche migliaio di memorie si attivano costantemente ogni giorno e regolano i nostri processi organici. Per esempio sudare è una risposta dettata da una memoria, perchè ci sarà stato un tempo in cui l’organismo non lo faceva e quindi si sarà trovato in crisi di fronte ad un clima troppo caldo per lui.

Avere un sonno disturbato e svegliarsi costantemente alle 3:00 del mattino, è un altro comportamento speciale mediato da un’antica memoria cellulare. Perchè l’esperienza ha insegnato alla nostra biologia, che i predatori irrompevano nelle tane in orari ben precisi, intorno alle 3:00 quando il sonno era più pesante.
Se voi avete questo tipo di disturbo, varrebbe la pena domandarsi “Chi è il mio predatore (simbolico) in questo momento di vita?”

Alle memorie standard e condivise da tutti, se ne accompagnano un altro centinaio più specifiche e riguardanti episodi della nostra famiglia che hanno dato esiti nocivi, a cui nessuno ha dato una risposta soddisfacente.

Queste memorie influiscono in ogni aspetto della vostra vita, anche il più minuzioso.
E’ come se voi applicaste un certo stile di comportamento e lo riversaste dappertutto.

Per esempio ci saranno persone con una memoria di ‘carestia’, ovvero qualche antenato che ha fatto la fame letteralmente, oppure altri episodi di incidenti finanziari a seguito dei quali si sono ritrovati in grande mancanza. La persona con questa memoria agirà sempre in previsione di crisi, inconsciamente, a livelli paradossali e per lei sarà tutto normale.

Immaginate di andare in casa di un vostro amico e vedere che ha sempre le dispense piene di cose da mangiare, oppure salite in macchina con lui e quando il serbatoio è a metà si sente in ansia e va a fare il pieno. Queste persone manifestano in ogni piccolo aspetto il timore della mancanza e spesso costruiranno situazioni in cui avvengono dei contrattempi che le inducono ancora più in ansia: vanno a tavola e ‘manca’ il cucchiaio e si rialzano; devono comprare il giornale e quando arrivano si lasciano scappare l’ultima copia dal signore arrivato di corsa dopo di loro.

Con questi esempi voglio evidenziare che tutti questi caratteri seguono lo stesso filo conduttore e che se tale memoria trovasse una risposta definitiva, tutti quei comportamenti cesserebbero all’istante.

La cosa più interessante non è la memoria di per sè, ma il fatto che ogni vostro comportamento è una memoria di qualcuno e potreste trovare spiegazione ad ogni fenomeno che vi accade semplicemente ricercando l’antenato a cui è accaduta la stessa cosa.

Le memorie familiari talvolta si trasmettono a più persone della famiglia, anche perchè essendo antiche molto spesso riescono a diffondersi nelle varie generazioni in maniera capillare.

Ho un cugino che ha molte similitudini con me, tanto da farsi patologie simili a me alla medesima età, rompersi un braccio nello stesso modo, nella stessa età e nello stesso contesto mio e diverse altre cose che un po’ alla volta emergono essendo lui molto più giovane di me.

Le memorie non sono nostre ma della specie.
Da qui avviene scatta una suddivisione, alcune di queste diventano memorie tipiche di una data famiglia come se l’intera razza attribuisse ai singoli clan od individui dei compiti specifici per migliorare la specie risolvendo questi rompicapo biologici.

Tuttavia, anche se il numero di memorie manifeste in noi è limitato, è assai probabile che siamo portatori di tutto il corredo sia umano, sia delle specie che ci precedono.
Da un punto di vista genetico è come se alcune memorie fossero latenti o recessive, per cui io potrei non esserne colpito mentre un mio discendente potrebbe avere il corredo simile ad un nonno con tanto di esperienze di vita simili.

E’ probabile che le memorie si trasmettano tramite il cervello collettivo, alla nascita di ogni individuo questo organizzatore universale potrebbe stabilire a chi dare un determinato set di esperienze da risolvere selezionandole da un menù globale.

Questa selezione si trasmette al nascituro che comincia ad applicarle sia per gli aspetti biologici che di comportamento, iniziando a programmarsi una serie di avvenimenti che deve affrontare. Ma le memorie sono del tutto incoscienti, agiscono nell’ombra.

Fino ai primi 6 anni di vita avviene un imprinting che porta ad ‘attivare’ tutte le principali memorie che faranno parte di quella persona da lì in avanti, n base alle esperienze più significative subite dall’individuo a partire dal concepimento, ai traumi materni durante il periodo intrauterino, alle prime situazioni critiche dopo la nascita.

Per esempio possiamo immaginare un nonno che rimane orfano all’età di 4 anni, il risentito che quest’uomo ha potrebbe essere di ‘abbandono’ e da questo condiziona la sua vita in un certo modo. Il nipote a 4 anni si ritrova ad essere abbandonato dai genitori a casa dei vicini, per un impegno imprevisto e temporaneo. E’ possibile che il suo cervello associ la situazione, i 4 anni di età, e l’abbandono, attivando una memoria di suo nonno e da quel punto potrebbe agire come lui.

Questo perchè per il cervello, noi siamo lo stesso essere di milioni di anni fa, l’unica differenza è che abbiamo qualche dato in più, come quando si passa da un computer ad uno nuovo e si trasferiscono i file del hard-disk: il computer esteriormente è un altro ma dentro i dati sono gli stessi, col tempo se ne aggiungono altri.

L’evoluzione consiste proprio nell’aumentare i dati e le soluzioni ai problemi attivando comportamenti utili, che possono essere anche alterazioni fisiche o patologie mirate. Infatti è stato riscontrato che tutte le patologie alterano una parte dell’organismo accentuando determinate funzioni rendendolo più prestante in quel compito.

Si chiamano memorie cellulari perchè tali informazioni inizialmente trasmesse dai gameti, si ripartiscono nei diversi tessuti una volta che l’organismo è pienamente formato.

Tornando all’esempio della mancanza, è una memoria del fegato perchè quando c’è carestia, biologicamente, il fegato può accentuare la sua capacità di assimilazione ottenendo più nutrimento da un quantitativo ridotto di cibo.

Siamo pieni di memorie che non sappiamo di possedere, fino a quando uno choc non le attiva per la prima volta. A quel punto la memoria viene duplicata dal tessuto corrispondente e spedita al mesencefalo dove resterà a disposizione. Successivamente questa memoria sarà attiva e consapevole ogni volta che ci ricapiteranno episodi analoghi.

Il pensiero tradizionale individua nel genoma la causa di alcune malattie ereditarie.
A parte il fatto che queste malattie ereditarie sono riscontrate in percentuali ridottisime, tale da lasciare senza spiegazione l’insorgere delle stesse complicazioni nella maggior parte degli individui, c’è una differenza di fondo molto importante col pensiero delle memorie biologiche.

Non è la malattia ad essere ereditaria ma è la memoria ad esserlo; che mette la persona nelle condizioni di farsi il conflitto che in risposta lo farà ammalare.

Io posso avere problemi al fegato, ma è impossibile che abbia tale problematica se ‘contemporaneamente’ non ho anche l’esperienza di mancanza. Mentre è possibile avere l’esperienza di mancanza a livelli di controllo, senza l’insorgere della malattia.


foto di freedigitalphotos.net

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