Seguici su:

"Tutto ciò che succede nella vita, è un pretesto per vivere un vissuto"

Io non ci credo!

Uno dei primi ostacoli nei confronti di un lavoro su se stessi sono le resistenze della persona.

Le resistenze sono gli atteggiamenti che la persona oppone ad ogni buona argomentazione che il terapeuta gli para di fronte, mettendolo faccia a faccia col problema.Questo è uno dei motivi per cui c’è molta diffidenza di fronte alle terapie psicologiche ancora oggi.

Prima di tutto ci sono una serie di pregiudizi secondo cui chi ricerca un sostegno o un aiuto psicologico sia un ‘malato’, segue inoltre che un malato per la massa è quasi sempre un ‘malato grave’, e che un malato grave è inesorabilmente confinato nella cerchia dei perduti e degli ‘anormali’.

Niente di più falso.

Se iniziamo a considerare le persone come individui alla ricerca di un proprio equilibrio, consapevoli del fatto che ogni persona ha necessità di raggiungere un equilibrio totalmente differente da quello di altri, capite bene che ogni individuo è uguale unico e che essendo tutti diversi, il concetto stesso di ‘normalità’ è inutilizzabile.

Cos’è normale?Io non ne ho idea, so solo che ci sono persone che ritengono di essere normali e così facendo stilano la categoria dei buoni e dei cattivi (anormali). Ma questo concetto è senza senso, perchè presume che ci sia una linea maestra e che tutti debbano conformarsi.
Le persone che fanno un lavoro su se stessi hanno i più disparati motivi per farlo, ma sono tutti differenti e loro stessi sono differenti dagli altri, non sono malati o comunque non sono più malati di chi crede di essere ‘sano’.


Un po’ controverso?Forse. Il punto è che non si può migliorare se dentro di noi crediamo in partenza di essere ‘normali’, cioè ‘giusti’ cioè già al traguardo.
L’obiettivo di un buon counseling non è necessariamente ripristinare le situazioni iniziali, ci sono persone che riescono a raggiungere livelli di eccellenza superiori a quelli che avevano alla nascita anche da un punto di vista fisico.
Ci sono persone che credono fermamente che sia ‘normale’ avere parecchi acciacchi dopo i 50 anni…be’ peccato, perchè nel mondo ci sono molte persone che sono ‘anormali’ a causa di eccessiva salute fino a 90 anni.
Se essere normali significa avere demenza senile e sindromi di deperimento fisico importanti entro età limitate, preferisco essere anormale e in salute:-)

Tornando al punto iniziale, se una persona ha un conflitto tale da fargli vedere una realtà distorta, per lui sarà inizialmente difficile vedere come stanno le cose. Un terapeuta ma anche un buon amico potrebbe farli notare che la situazione non va esattamente come sta raccontando, le giustificazioni non sono uno specchio della realtà. Ma l’amico potrebbe ribattere che quello che dite voi non sia vero, che non ci crede, che secondo lui le cose stanno diversamente.

La cosa interessante è che la cultura contemporanea ci ha fatto un lavaggio del cervello insegnandoci che le responsabilità sono sempre dovute a qualcosa di esterno, mai nostre. Le colpe non sono mai vostre se vi capita qualcosa, il bambino piccolo che cade impara che la colpa è del pavimento cattivo e sono i suoi genitori ad insegnarglielo. Se siete nel problema tendete a giustificarvi esageratamente raccontando falsità sulla situazione, ma è inevitabile, perchè è un processo del cervello a fare questo, è una difesa psicologica.

Quando capita un evento ‘choc’, il cervello che non è in grado di porvi rimedio, entra in conflitto. In quell’istante isola una parte di neuroni i quali contengono le informazioni inerenti all’evento traumatico in questione. A quel punto la persona è totalmente incapace di accedere a quella informazione e non si accorgerà di quello che voi (lucidi) tentate di spiegarle: perderanno un’emozione, dimenticheranno delle scene di una storia, altri dettagli diverranno invisibili e non verranno percepiti.

Per questo la persona sotto ‘conflitto’, non capirà le cause del suo problema ma voi sì, solamente perchè voi non avete quella stessa porzione di neuroni isolati dal sistema e avete accesso alle informazioni per lui conflittuali. Immaginate di fare un piccolo incidente con l’auto per uno stupido errore; la persona vi chiederà se avete premuto l’acceleratore e voi non sapete più rispondere, non lo negate ma non dite neppure una bugia perchè in realtà lo avete premuto, ma a causa della traumaticità di quell’azione lo avete rimosso.

Ecco perchè le persone tendono a negare la validità delle vostre osservazioni riguardo ai loro problemi, loro non li vedono più, non possono, ma voi sì.
Lo scopo del counseling sarà aiutare queste persone, se ve lo chiederanno, a riconnettere questi neuroni isolati con le dovute tecniche. In realtà gli effetti migliori si hanno sottoponendo la persona ad uno stimolo che rievochi le emozioni congelate dello ‘choc’ iniziale, ma lo vedremo prossimamente.

Poichè la persona sotto conflitto, potrà sempre negare la validità delle vostre osservazioni, non c’è modo di dimostrargli che le tecniche e le teorie sul suo problema sono valide, per questo ci sarà una tendenza a negare certe evidenze, perchè saranno evidenze solo per voi.

Nei seminari di gruppo, spesso mi ritrovo con 20-30 persone presenti nella stessa stanza, spiego alcune nozioni e mostro gli effetti su dei volontari: inizialmente queste persone sono un po’ diffidenti e se non possono negare quanto dico entrano presto in uno stato confusionale; a quel punto si rivolgono con gli sguardi verso gli altri partecipanti, i quali non essendo sotto conflitto restituiscono un messaggio che conferma le mie parole e sconfessa le loro giustificazioni.

Avere 30 persone che ti fanno capire che sei tu ad aver torto e che ti stai raccontando delle storie, ha un effetto molto potente su chi è nel suo stato conflittuale, tanto da aiutarlo ad osservare con più attenzione e rimettersi in discussione.

Questo fenomeno della giustificazione è molto interessante, tanto che ci si può rendere conto che avviene anche a livelli maggiori. Interi gruppi o società intere giustificano se stesse, negano le loro implicazioni in fatti storici e addirittura scienziati proteggono una casta di idee negando la validità di esperimenti precedenti ritenuti scomodi, ma il principio è il medesimo. Una persona che giustifica non è necessariamente una persona falsa, può essere davvero convinta di ciò che dice ma questo è causato da un trauma.

Richiedi Informazioni

    Dichiaro di aver preso visione alla informativa sulla Privacy e acconsento al Trattamento dei Dati - Leggi INFORMATIVA PRIVACY